La didattica a distanza non è una "zona franca"


L’emergenza COVID- 19 ha determinato la necessità per il Governo di chiudere gli istituti scolastici, ormai dallo scorso 05 marzo.
Il d.p.c.m. “CURA ITALIA” ha introdotto misure di potenziamento al fine di supportare la didattica, fornire strumenti agli studenti e formare il personale docente all'uso di piattaforme online.
In altri termini, via libera alla didattica a distanza.
Negli ultimi giorni alcune scuole di Milano hanno denunciato un uso scorretto da parte degli studenti delle piattaforme digitali per le lezioni, i quali hanno rivolto ai professori insulti ed espressioni blasfeme.
In altri casi, le lezioni online sono state registrate e condivise su WhatsApp in gruppi di studenti per offendere e denigrare i docenti.
Tali comportamenti non rappresentano altro che esempi di cyberbullismo, vale a dire di bullismo  in rete.
Dal punto di vista giuridico, le piattaforme di condivisione audio/video online sono considerate luoghi aperti al pubblico con applicazione della medesima giurisprudenza- ormai consolidata- in tema di social network… ma vi è di più!
Gli insegnanti delle scuole pubbliche e parificate, nell’esercizio delle proprie funzioni, sono pubblici ufficiali.
Pertanto, offendere i docenti durante le lezioni online può integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione da sei mesi fino a tre anni. Il reato è procedibile d’ufficio, con l’obbligo degli insegnanti di dover denunciare la condotta offensiva alle autorità competenti.
Altre fattispecie di reato configurabili potrebbero essere, a seconda dei casi, l’ingiuria, la diffamazione, la violenza privata e la minaccia.
In ottemperanza al principio della rieducazione della pena sono previsti, altresì, percorsi di recupero mediante attività di rilievo sociale, di volontariato e di utilità per l’istituto scolastico.

Quali responsabilità per i genitori degli studenti cyberbulli?
Gli studenti con più di quattordici anni rispondono personalmente in sede penale dei fatti commessi, salvo la loro eventuale e comprovata incapacità di intendere e di volere.
Ma, dal punto di vista della responsabilità civile, a pagare i danni per conto dei figli sono i genitori, in virtù del noto principio «culpa in educando», in conformità all’art. 2048 c.c.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, difatti, “tra i doveri educativi dei genitori rientrano anche quelli di insegnare loro l'uso corretto delle tecnologie. In caso di processo per questi fatti, la carenza educativa si presume: i genitori non sarebbero ammessi neppure a fornire la prova liberatoria”. (cfr. Tribunale per i minorenni Caltanissetta, sentenza 11 settembre 2018)        
Nelle fattispecie più gravi è prevista anche la possibilità di avviare l'accertamento del Tribunale per i minorenni delle capacità educative e di controllo dei genitori.  




Dm studio legale consiglia:
Mai dimenticare che le piattaforme informatiche registrano sempre i dati dei partecipanti.
Ne consegue, dunque, la possibilità di individuare con certezza l’autore della condotta perseguibile.
In questa situazione di grave emergenza la tecnologia ci offre un supporto indispensabile.
Internet ci permette di lavorare, di studiare e di trascorrere momenti di svago. Ma non è mai da considerare una “zona franca”.
Rispetto delle regole, attenta vigilanza e buona educazione appaiono i rimedi più efficaci per prevenire ogni eventuale spiacevole situazione.
I diritti, i doveri e le responsabilità degli studenti, dei docenti e di tutti gli utenti non sono oggetto di alcuna deroga, neanche con il Coronavirus!

Avv. Rocky Gabriel Mariano
Avv. Raffaelita Di Croce
Avv. Gianluca Genovesi
Avv. Viviana Marocco
Avv. Chiara Annecchini

Mail: infodmstudiolegale@gmail.com



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